Eremi di San Benedetto - Prima del restauro




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Affacciato sulla grande rupe a precipizio sul fiume Aniene, gli Eremi di San Benedetto offrono un panorama suggestivo ed unico nel suo genere, caratterizzato da una realtà millenaria.

Si tratta di un complesso di grotte naturali e in parte artificiali, comunicanti sia con il sovrastante Monastero sia nella porzione sottostante con una fitta rete di cunicoli, già spechi degli acquedotti romani. Tale luogo è stato da sempre considerato come meta di raccoglimento spirituale e di meditazione. Ad epoca ben più remota risalgono i primi insediamenti antropici in quest'area; difatti nei primi del '900 durante i lavori per costruire la diga, furono rinvenuti i resti di una sepoltura risalenti a circa 8.000/10.000 anni fa.
Già nel maggio del 1865 presso la grotta della Sirena (in prossimità del fiume Licenza) vennero alla luce due tombe con relativo corredo funebre risalenti al Paleolitico inferiore. Tale complesso rupestre deve la sua notorietà alla permanenza nel 503 d.C. del Santo proveniente da Norcia.
In quest'area dimorava una piccola comunità di monaci anacoreti, che perso il loro abate, ebbero l'onore di accogliere San Benedetto come nuovo superiore. Costui accettò mal volentieri l'incarico, convinto che il suo modo di vivere mal si sarebbe adattato alle abitudini dei monaci locali. Infatti, la sua rigida osservanza della regola, generò presto il malcontento dei confratelli, che tentarono di avvelenarlo durante una cena, mettendo del veleno nella coppa di vino. San Benedetto con un segno di benedizione ruppe il calice scampando così ad una morte certa; e dinanzi ad un gesto così estremo, egli capì che la sua permanenza era inutile ed abbandonò la comunità. Il tentato avvelenamento si è verificato all'interno della grotta attualmente denominata ex Oratorio di San Michele. E' possibile accedervi attraverso una porticina prospiciente l'entrata della chiesa, ed è nuovamente aperta al pubblico grazie al recente restauro. Scendendo le scale scavate nella roccia, è possibile osservare la particolarità e la bellezza del complesso roccioso plasmato e modellato dall'azione carsica, creando un gioco di spechi e insenature insolito e suggestivo.
Al termine della scalinata, sulla sinistra, si scorge una piccola grotta destinata ad ossario e successivamente murata, ed una grotta più grande, trasformata in cappella rupestre e dedicata a San Michele Arcangelo.
L'entrata è caratterizzata dalla presenza di un portale a pietra modanata del XV secolo, proveniente dalla soprastante chiesa e qui di seguito riadattato. Entrando è possibile osservare un vano scavato nella roccia con nicchia absidale e, nelle pareti laterali due grandi affreschi: a destra la rappresentazione del tentato avvelenamento di San Benedetto; a sinistra S. Francesco che tenta di convertire il Sultano; mentre al centro, nella nicchia absidale una Regina Angelorum in trono tra gli Arcangeli Raffaele e Gabriele. Nella nicchia dietro l'altare la Gloria del I e del II Ordine francescano: dove si nota la Beata Filippa Mareri, S. Chiara, S. Francesco, S. Pietro d'Alcantara, S. Antonio da Padova, S. Bernardino da Siena, S. Ludovico da Tolosa.
L'absidiola è incorniciata con decorazioni floreali e simboli inneggianti alla Vergine; sulla parte soprastante l'altare, tra finte cornici di marmo, vi sono tre dipinti: al centro la Trasfigurazione, a sinistra S. Francesco che innesta le rose nel giardino del Sacro Speco a Subiaco, a destra sempre il Santo di Assisi che riceve le stimmate. Tutte le decorazioni e i dipinti sono opera del Rosati e risalgono alla fine del '600.
In realtà il complesso rupestre è caratterizzato da un secondo gruppo di grotte non più comunicanti con questa prima area, dove si trovano le celle che ospitavano i monaci eremiti, terminanti con la cappella dedicata a San Benedetto, ritenuta la sua cella personale durante la permanenza a San Cosimato. Per accedervi è presente una seconda entrata in corrispondenza del giardino posto sul retro del convento, ma l'incuria e l'azione del tempo non ne permettono la fruibilità. Il vano della cappella di San Benedetto, sorretto da un pilone naturale, è in parte scavato nella roccia ed in parte chiuso in una muratura. Al suo interno vi sono due altari: uno più piccolo con una nicchietta a mezzaluna, l'altro realizzato nel 1683 dal Rosati con piccola edicola quadrata al cui interno sono rappresentati San Francesco e San Benedetto in adorazione. Nella parte in muratura della cappella, un finestrone permetteva ai fedeli che non potevano accedere alla clausura, di vedere l'altare dalla strada, beneficiando dell'indulgenza.


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